Giudicato dalla posterità, [...] immediata e contemporanea, per null'altro che un mostro di crudeltà e d'ambizione, non si tardò a vedere che quel giudizio [...] era troppo semplice [...] che, nel mostro, c'era anche del mistero.
Non si potè non riconoscere in quell'uomo una persuasione, independente da ogni suo interesse esclusivo e individuale, della possibilità d'un novo, straordinario, e rapido perfezionamento e nella condizione e nello stato morale dell'umanità; e un ardore tanto vivo e ostinato a raggiunger quello scopo, quanto la persuasione era ferma.
E di più, la probità privata, la noncuranza delle ricchezze e de' piaceri, la gravità e la semplicità de' costumi, non sono cose che s'accordino facilmente con un'indole naturalmente perversa e portata al male per genio del male; nè che possano attribuirsi a un'ipocrisia dell'ambizione [...]
Ma un'astrazione filosofica, una speculazione metafisica, che dominava i pensieri e le deliberazioni di quell'infelice, spiega, se non m'inganno, il mistero e concilia le contradizioni.
Aveva imparato da Giangiacomo Rousseau [...] che l'uomo nasce bono, senza alcuna inclinazione viziosa [...].
È vero che il catechismo gli aveva insegnato il contrario, e che glielo poteva insegnare l'esperienza.
Ma il catechismo, via, non occorre parlarne; e l'esperienza, tutt'altro che disprezzata in parole, anzi esaltata, raccomandata, prescritta, era, in fatto, da quelli che non si curavano del catechismo, contata, e consultata quanto il catechismo [...].»
Alessandro Manzoni, Dell'invenzionetesto completo: http://www.classicitaliani.it/manzoni/invenzione.html
* io non compio il bene che voglio, ma il male che non voglio (Rm 7, 19)