Passa attraverso l'uomo e arriverai a Dio. Per lui passi, a Lui vai. Non cercare al di fuori di lui per dove giungere a Lui. Se Egli non avesse voluto essere la via, saremmo sempre fuori strada. Perciò si è fatto la via per dove puoi andare. Non ti dico: "Cerca la via". E' la via stessa a farsi incontro a te: Alzati e cammina.

sant'Agostino, Discorso 141

domenica 27 maggio 2018

..."ed io che sono?" – I

Car Je est un autre. 
Si le cuivre s'éveille clairon, il n'y a rien de sa faute. 
Cela m'est évident : j'assiste à l'éclosion de ma pensée : je la regarde, je l'écoute : je lance un coup d'archet : la symphonie fait son remuement dans les profondeurs, 
ou vient d'un bond sur la scène.

Si les vieux imbéciles n'avaient pas trouvé du Moi que la signification fausse, 
nous n'aurions pas à balayer ces millions de squelettes qui, 
depuis un temps infini ! 
ont accumulé les produits de leur intelligence borgnesse, 
en s'en clamant les auteurs ! 

Io è un altro. 
Se l’ottone si risveglia tromba, non è per niente colpa sua. 
Questo mi è evidente: io assisto allo sbocciare del mio pensiero: lo guardo, lo ascolto: gli dò un colpo d’archetto: la sinfonia si agita in profondità, 
oppure salta  sulla scena con un balzo.

Se i vecchi imbecilli 
[cfr. il cogito ergo sum di Cartesio] non avessero trovato che il significato falso del Me,  
non dovremmo spazzar via questi milioni di scheletri che 
‑ da tempi incalcolabili! ‑ 
hanno accatastato i prodotti della loro orba intelligenza, 
dichiarandosene fieramente gli autori! 
Arthur Rimbaud (1854-1891) a a Paul Demeny (“Lettre du Voyant” [= "Lettera del Veggente"], 15 maggio 1871)


In questo momento io,
se sono attento,
cioè se sono maturo,
non posso negare che l’evidenza più grande e profonda che percepisco
è che io non mi faccio da me,
non sto facendomi da me.

Non mi do l’essere, non mi do la realtà che sono, sono «dato».

È l’attimo adulto della scoperta di me stesso come dipendente da qualcosa d’altro.Quanto più io scendo dentro me stesso,
se scendo fino in fondo, donde scaturisco?

Non da me: da altro.

È la percezione di me come un fiotto che nasce da una sorgente.

C’è qualcosa d’altro che è più di me, e da cui vengo fatto.

Se un fiotto di sorgente potesse pensare,
percepirebbe al fondo del suo fresco fiorire una origine che non sa che cos’è, è altro da sé.

Si tratta della intuizione, che in ogni tempo della storia lo spirito umano più acuto ha avuto, di questa misteriosa presenza da cui la consistenza del suo istante, del suo io, è resa possibile.

Io sono «tu-che-mi-fai».

Soltanto che questo «tu» è assolutamente senza faccia;
uso questa parola «tu» perché è la meno inadeguata nella mia esperienza d’uomo
per indicare quella incognita presenza che è, senza paragone, più della mia esperienza d’uomo.
Luigi Giussani, Il senso religioso, cap. X