Allora gli si avvicinò la madre dei figli di Zebedèo con i suoi figli, e si prostrò per chiedergli qualcosa. Egli le disse:"Che cosa vuoi?". Gli rispose:"Di 'che questi miei figli siedano uno alla tua destra e uno alla tua sinistra nel tuo regno".
Rispose Gesù:"Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io sto per bere?". Gli dicono:"Lo possiamo".
(Mt 20, 20-22)
A questo proposito san Giovanni Crisostomo osserva acutamente:
«Non chiede se sono capaci di morire, di versare il loro sangue, ma domanda:
"Potete voi bere il calice"
e per animarli aggiunge "che io devo bere?",
in modo da renderli, con la partecipazione alle sue sofferenze, più coraggiosi»:
non un impeto di volontaristica generosità, ma la sequela di Gesù, l'imitazione di Cristo.
"Potete voi bere il calice"
e per animarli aggiunge "che io devo bere?",
in modo da renderli, con la partecipazione alle sue sofferenze, più coraggiosi»:
non un impeto di volontaristica generosità, ma la sequela di Gesù, l'imitazione di Cristo.
Poi rileva che
«Promettono immediatamente,
senza sapere ciò che chiedono,
con la speranza che la loro richiesta sia soddisfatta»:
non sanno in cosa consista il calice,
ma la loro promessa è ragionevole perché fondata sulla convivenza con Gesù.
senza sapere ciò che chiedono,
con la speranza che la loro richiesta sia soddisfatta»:
non sanno in cosa consista il calice,
ma la loro promessa è ragionevole perché fondata sulla convivenza con Gesù.
cfr. Giovanni Crisostomo, Omelie sul vangelo di Matteo, Om. 65,2-4
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